In Italia, scegliere di avere figli, sembra essere diventando un atto di coraggio più che una decisione consapevole. Spaventa il dato Inps, che dice che le donne che perdono il lavoro entro due anni dalla nascita del primo figlio sfiora il 20%. Terrorizza che il salario delle neo mamme subisca mediamente un taglio del 35%. Fa riflettere il dato OCSE, in cui si rileva che in Italia solo un padre su cinque usufruisce del congedo che gli spetterebbe.
Il risultato? Siamo fanalino di coda nel ranking del tasso di natalità tra i Paesi europei e secondo le stime OCSE, entro il 2050, potremmo diventare il terzo paese meno giovane al mondo.
Una prospettiva allarmante, che di certo l’organizzazione di qualche Fertility Day non può impedire.
Senza cadere nella retorica del politichese, se vogliamo scrollarci di dosso l’etichetta di “Non è un paese per figli”, c’è bisogno di riforme in grado di conciliare famiglia e lavoro, di incentivare l’occupazione femminile, di livellare il gender gap salariale e di potenziale un welfare che estenda il congedo parentale obbligatorio dei papà.
Accelerare il processo di autonomia economica dei giovani, creare più posti di lavoro per le donne e ridurre l’asimmetria di responsabilità domestiche ed extra domestiche tra madri e padri, sono i tre fattori chiave su cui andrebbe fatta una riflessione concreta.
I recenti 300 miliardi di euro messi a disposizione dall’UE, che da soli valgono il 20% del PIL italiano, sono un ghiotto bottino con cui poter sperimentare una più equa distribuzione di lavoro, salario e occupazione tra uomo e donna.
E badate bene che non è necessario copia incollare le riforme proposte dai quei paesi che eccellono per welfare familiare, e che da anni hanno innescato una solida rivoluzione culturale, sociale e politica.
In Italia abbiamo già casi virtuosi che ci dimostrano non solo l’esistenza di soluzioni possibili, ma che ci restituiscono risultati concreti.
Mellin da anni promuove una politica aziendale che supporta la genitorialità. E lo fa con aiuti fattivi ai suoi dipendenti come l’integrazione del contributo economico durante la maternità facoltativa, il supporto ai papà con 10 giorni di paternità retribuita al 100%, la flessibilità circa l’orario di entrata/uscita dal lavoro e il sostegno per la cura, la crescita e la formazione dei figli.
Il risultato? Il tasso di natalità dal 2011 si è attestato al 7.5% in azienda (contro il -3% nazionale) e il 100% delle donne diventate madri, sono tornate a lavorare.
L’azienda ha deciso di esportare esternamente questo trend positivo, con la creazione di Parto e Riparto, un progetto ambizioso nato con l’intenzione di supportare concretamente la genitorialità. Oltre agli approfondimenti di stampo pedagogico e psicologico che accompagnano mamme e papà nelle fasi di crescita dei propri figli, c’è un’ampia sezione dedicata agli aiuti economici per le famiglie. Ma non è tutto. La vera novità è uno sportello di consulenza gratuita one-to-one che riguarda i diritti del lavoratore-genitore, in cui un team di esperti risponde alle specifiche esigenze di ogni madre e padre. E non finisce qui. In cantiere c’è la creazione di uno sportello psicologico ad personam che vedrà la luce molto presto.
Il buon esempio è il miglior insegnamento.
E Mellin, con il suo impegno concreto alla valorizzazione della genitorialità, ce la sta mostrando.
https://www.partoeriparto.mellin.it
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