Sapete tutti cos’è la sindrome della Couvade, immagino…Se come noi, fino a l’altro ieri ne ignoravate l’esistenza, altro non è che la comparsa dei tipici sintomi della gravidanza nell’uomo. Pare che in certi casi, nausea, vomito, voglie, aumento di peso e addirittura doglie, non siano più esclusiva prerogativa femminile.
Dalle nostre parti, oltre un visibile aumento di peso, imputabile ad un rapporto morboso con l’app Deliveroo, qualche rigurgito da sovraesposizione a cene con la famiglia diggiù e voglie notturne di cioccolato bianco, della Couvade non v’è stata traccia.
E vi dirò, meglio così.
In compenso però abbiamo sviluppato tutta un’altra serie di vezzi e comportamenti tipici dei papà in attesa, che si manifestano, a volte inconsciamente, a volte deliberatamente e che sopperiscono alla mancanza di tangibilità con il proprio pupo, e aumentano la consapevolezza che si sta per diventare papà. Se alcuni di questi vi suono familiari, niente paura. Rientrate a pieno titolo tra i papà per scelta.
Attenzione: questo post non è promosso da alcun presidio medico-chirurgico. Maneggiare con la consueta/doverosa dose di ironia.
Il rituale mattutino.
C’è chi si fa il segno della croce; c’è chi accende il cellulare per controllare le mail, che chi si lancia sulla macchinetta del caffè manco fosse il Santo Graal e c’è chi si guarda l’addome, perché si sa, al mattino siamo tutti più magri [non è dato sapere se è perché non tocchiamo carbs da 10 ore o perché abbiamo la vista annebbiata].
E poi ci sono i papà in attesa, che prima di qualsiasi rituale mattutino, è tempo di COUNTDOWN. Che si utilizzi il calendario analogico tutto tempestato di X periodico o che si faccia uso di app con tanto di rendering in 3D, i papà per scelta fanno i conti tutti i giorni. E poco importa se il mattino sta ai numeri come le diete al lunedì. Poco importa se esistono 477 modi diversi di contare le settimane del pupo, perché bisogna considerare il calendario lunare/mestruale/bisestile/legale/babilonese. I papà per scelta vivono ogni mattino come fosse la vigilia di Capodanno, contando i giorni che li separano dal lieto evento.
Consiglio: azzeccare il giorno del parto è roba da SuperEnalotto, a meno che non sia programmato. Considerate sempre un discreto margine di errore.
Serenità all’orizzonte.
Succede che le discussioni melodrammatiche stile telenovelas di Rete4 scompaiono. Quelle che se disgraziatamente dimentichi una tazzina di caffè in bagno o lasci le sneakers in giro, è subito scenata napoletana dove non si salvano nemmeno le divinità pagane. Ecco, quei momenti in cui ti parte la brocca e diventi più antipatico di Alfonso Signorini in sindrome premestruale, sembrano dissolversi alla stessa velocità della carriera musicale di Elodie.
Succede che i papà per scelta sono talmente proiettati verso il grande giorno che senza l’ausilio di mirate terapie riparative, sviluppano per qualche mese la capacità di spegnere qualsiasi focolaio da lite inutile. Le staffette cambio-pannolino, l’open bar da allattamento H24 e le notti spezzettate in micro-riposini, terrorizzano qualsiasi essere vivente respirante. Cambiano le priorità e la tazzina in bagno non può più essere oggetto di parapiglia familiare. C’è dietro una spiega scientifica, tipo che negli uomini si abbassano i livelli di testosterone in favore della produzione di ossitocina, estradiolo, prolattina (e sarcazzina). Tutto vero. Ma mi piace pensare che i papà per scelta firmino un patto di non belligeranza per dimostrare la loro capacità di interazione affettiva ed emotiva.
Consiglio: Non fateci troppo l’abitudine. E’ un processo reversibile. Tornerete rompicazzo più di prima.
Scaramanzia portami via.
Ci sono giorni vissuti al limite del bipolarismo, che Carrie Mathison scansate proprio. Giorni in cui per ogni passo avanti ne fai due indietro - Lenin docet. [citazione colta che fa il paio con citazione pop di Homeland. Che non ci si accusi di mancanza di versatilità.]
Giorni in cui: “Andiamo a vedere le culle?”
“Si, occhei”
“Carina, quella”
“No preferisco questa, che si intona alle tende che abbiamo visto (ma non comprato), e con il comodino (scelto e non ordinato) dove possiamo mettere quel peluche che ci piace (ma mai acquistato)…”
E così anche per fasciatoio, corredino, dentaruolo, passeggino e ovetto. C’è il rischio concreto che fuori dai negozi, compaia il tuo faccione con tanto di “Io non posso entrare”. Succede che i papà in attesa affrontano svariati mesi tra desiderio di pianificazione futura e ansia del presente. Succede che la necessità e la voglia di far qualcosa che renda tangibile il percorso verso la genitorialità, svanisce al pensiero che qualcosa possa andare storto.
Consiglio: Necessario trovare un equilibrio. Il rischio è solo che prevalga la seconda e poi ti ritrovi ad utilizzare la panca piana come fasciatoio e quella obliqua come girello per le prime settimane. (ogni riferimento non è puramente casuale).
Chissà quando, chissà se…
Che tu stia guardando un film, cenando fuori, aperitivando o sei semplicemente stravaccato sul divano, i papà per scelta tendono a proiettare quel preciso attimomento qualche mese più in là. La frase d’ingresso è sempre la stessa: “Chissà quando sarò papà se…”
- Se puoi guardare un film? Si, solo a patto di considerarlo una serie tv da 5 minuti a puntata.
- Se puoi cenare fuori? Si, a patto che i ristoranti non siano pupo-free.
- Se puoi andare a fare aperitivo? Si, ma solo con autonomia di un cocktail.
- Se puoi rilassarti sul divano? Si, ma solo se il pupo te lo concede.
Consiglio: non c’è bisogno di consultare il mago Otelma, per sapere cosa ne sarà della tua socialità. Potrai fare tutto, ma in modo diverso. Rettifico: quasi tutto. Il servizio baby-sitting in discoteca non è ancora così diffuso.
Nel covo delle mamme.
Che sia per curiosità, che sia per racimolare info utili o semplicemente per aumentare la propria consapevolezza, succede che i papà per scelta tendono a presidiare quegli ameni luoghi dove le mamme fanno comunella, attratti da tutte quelle discussioni che vertono su 50 sfumature di cacca e sulle ore di sonno perse e mai ritrovate.
Tendenzialmente sono tre gli stadi di interazione. Nel primo trimestre il papà per scelta sta sulle sue, per non dare troppo nell’occhio, vestendo i panni di spettatore non parlante. Ascolta affascinato, annuisce anche quando vorrebbe annegare qualcheduna nella placenta all’ennesimo “sono stanca di fare tutto da sola” e sorride su alcuni aneddoti un po’ macabri, che Stephen King pensaci tu.
Una volta ufficializzato lo status parentale, il papà per scelta inizia ad interagire più attivamente e comincia a fare domande.
Consiglio: fate attenzione a non pestare merdoni. Allattamento e svezzamento possono dar luogo ad accese discussioni degne dell’Arena di Giletti.
Nell’ultimo trimestre il papà per scelta padroneggia tutta la letteratura neonatale (o quasi) e sciorina nozioni che vanno dalla fase prodromica del travaglio, alle differenze tra metodo Montessori e Walford fino a pro e contro del co-sleeping, ignaro che la metà delle cose non serviranno a nulla. La parte meno divertente è che tutto quel divorare informazioni ha un effetto irreversibile. Da quel momento in poi le navigazioni online non saranno più le stesse. Apri Facebook, scrolli un po’ di post e ti ritrovi in sequenza:
- un codice sconto del 70% su pigiamini unisex stile orsetto e canarino. Peccato che le spese di spedizione dall’Australia costano quanto un monolocale in Brera;
- un articolo su come non far ingerire ai pupi viti e bulloni, così giusto per farci stare sereni;
- l’ annuncio di un pediatra che ti propone una prima visita gratis; peccato stia in provincia di Macerata;
- Inviti per entrare a far parte di gruppi chiusi a tema maternità, con tanto di No critiche solo Complimenti;
- Offerte su articoli di prima, seconda e terza infanzia, fino alla pubertà;
Insomma tutto il mondo sa che stai per diventare papà.
Consiglio per gli addetti alla comunicazione digitale: occhio al target, perché noi degli assorbenti post parto e delle tettarelle in lattice ne faremmo volentieri a meno.
PPs